martedì 4 marzo 2014

 Ultimamente gli appassionati di videogiochi (quantomeno quelli che "frequentano" assiduamente la rete) stanno entrando in un loop perverso. Più passa il tempo e più mi convinco di questa cosa. E' sufficiente fare un giro su qualsiasi forum specializzato (NeoGAF in primis), leggere i commenti che fanno seguito alla pubblicazione di una news, piuttosto che assistere ad una semplice conversazione tra appassionati per rendersi conto di questa cosa. A cosa alludo? Al fatto che ormai sembra che il fine ultimo del videogiocare, il divertirsi, sia diventato quasi "accessorio" alla discussione tecnica fine a sé stessa. All'uscita di ogni nuovo titolo orde di utente e fantomatici super esperti si prodigano in analisi tecniche sulla qualità del prodotto, sparando a zero sull'incapacità dello sviluppatore di turno nel proporre una qualità cosmetica all'altezza delle loro (insaziabili?) aspettative. Un'escalation di seghe mentali che si è ulteriormente accentuata con l'uscita sul mercato delle console di nuova generazione, con il resolution-gate a tener banco oramai in ogni dove. Certo, la qualità media piuttosto bassa dei primi titoli per Xbox One e PlayStation 4 non aiuta ad uscire da questo circolo vizioso, così come non aiutano recensori pronti a cavalcare quest'onda perversa concentrando buona parte dei loro scritti su fantomatiche pecche che rendono quasi oltraggioso il lavoro svolto dagli sviluppatori. Basta cercare informazioni sul recentissimo Thief per rendersi conto di come le analisi tecniche comparative tra le varie versioni la facciano da padrone sugli approfondimenti sulla qualità del gameplay stesso.
 


In realtà questa sorta di caccia al difetto a tutti i costi è da un po' che ha preso piede, e non si limita affatto alla sola disamina dell'aspetto tecnico. Tante volte, leggendo una recensione, mi sembra di avvertire una sorta di deliberata ricerca dell'aspetto negativo che eccede quello che dovrebbe essere il naturale ruolo del recensore. Sembra quasi di leggere quelle critiche cinematografiche volutamente spocchiose e snobiste, che schifano qualsiasi prodotto "commerciale" in nome di una presunta superiorità culturale tutta da dimostrare, per poi incensare, spesso immotivatamente, il prodotto indie di turno.

Attenzione. Non sto dicendo che è tutto rose e fiori e che non bisogna rilevare gli aspetti negativi di un prodotto. Ci mancherebbe. E' solo che, ritornando al discorso iniziale, mi sembra che in qualche modo si stia perdendo di vista una realtà che fino a prova contraria dovrebbe essere molto più pratica che teorica. Il rischio concreto è quello di arrivare al punto di non "osare" più, di trascurare completamente prodotti magari non perfetti ma comunque meritevoli di essere giocati, in nome dei dogma proferiti dai Metacritic e dai Digital Foundry di turno.

Forse si sta esagerando. Non lo credete anche voi?
Unknown
Scritto da Unknown

1 commento:

  1. Come non condividere.. Però a mio avviso il discorso è ben più ampio. Da un lato ci sono le leggi e/o esigenze di mercato, in un mondo consumistico in cui la tecnologia è diventata status symbol più che strumento d'utilità, una moda popolare incentrata sull'apparenza piuttosto che sulla sostanza. Dall'altro abbiamo la più ampia e moderna definizione di arte applicata all'intrattenimento digitale, e quel sofferto movimento per eleggere il media videogioco al pari del cinema, della musica, della pittura. Due posizioni che ancora non collimano, che pur partendo da una stessa origine si spingono in direzioni diverse, estremamente diverse. Di conseguenza, estremiste possono essere le posizioni di critica e pubblico. Il pixel in più che giustifica i milioni di copie vendute dai blockbuster a cadenza annuale, pur riproponendo la stessa ritrita formula ad oltranza. E poi piccole gemme, pur discretamente confezionate esteticamente, lasciate nelle ceste dei supermarket, piccole aziende ricche di creatività ma povere d'incassi, costrette alla chiusura o ad un cambio "filosofico" radicale. E non c'è altro modo per salvare, per coltivare queste eccellenze se non evidenziandone le qualità più nascoste, più intellettuali se vogliamo. Ma chi può farlo, la stampa in quanto strumento di marketing indiretto, al fine di sopravvivere a sua volta deve anche offrire ciò che il mercato chiede e, forse, in fondo merita anche. Quello che manca, tranne rare eccezioni, é l'equilibrio unito ad un senso del bello non stereotipato ma più soggettivo, purché non estremista. L'equilibrio che manca nella critica videoludica così come in mille altri aspetti della quotidianità moderna, dalla politica alle relazioni personali, dallo sport al mondo del lavoro.
    Dalle Olimpiadi di Sochi allo schieramento di truppe in Ucraina.... Ma qui forse sto divagando.
    E poi equilibrio... Rischia di confondersi con uniformità, limitando e nascondendo le eccellenze.
    Ok ok basta, troppe seghe mentali. Torno a giocare a South Park.. :)

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