mercoledì 5 agosto 2015

L’hype, lo sappiamo, è una brutta bestia, difficile da domare. Più è alto, più la ricerca della perfezione nel valutare il risultato finale è morbosa ed erode obbiettività al giudizio. Questo però accade anche quando l’aspettativa è talmente bassa da generare pregiudizio, ovviamente negativo. E di questo ne è palese esempio Pixels, il nuovo film diretto da quel Chris Columbus già celebre per alcune pellicole anni ottanta/novanta tra cui I Goonies, Gremlins, Mamma ho perso l’aereo, Mrs.Doubtfire, L’uomo bicentenario, nonché per la serie Harry Potter. A dire il vero il coinvolgimento di Columbus dovrebbe determinare un innalzamento delle aspettative, e chiaramente lo fa, aggiungendosi all’effetto nostalgia dettato dal tema portante della pellicola: i videogiochi arcade dei primi anni 80. Dall’altra parte però c’è la presenza, come attore e co-produttore, di Adam Sandler, la cui carriera ha sempre oscillato intorno ad una “mediacritic” giusto sufficiente, con pochi discreti acuti ed una crescente disapprovazione popolare. Addirittura qui nella cerchia di POL c’è chi lo definisce il “male della commedia americana”. Per quanto mi riguarda, Sandler è onesto mestierante, un sei punto cinque in una scala da uno a dieci: insomma c’è di meglio ma anche molto, molto di peggio. Ma per qualcuno, forse molti, è il male, indi anche questa operazione nostalgia è male a prescindere, schifezza annunciata ed ineluttabile. Pregiudizio. Che ho voluto completamente abbandonare, sia esso positivo o negativo, nel momento in cui ho acquistato i biglietti del cinema.
Il prologo così fedelmente anni ottanta (che meraviglia di sala giochi!) apre la visione nel migliore dei modi, tanto da desiderare un intero film dedicate a quel magico contesto, magari meglio realizzato del buon vecchio The Wizard ( in Italia “Il piccolo grande mago dei videogames”). Ma vabbè l’obbiettivo narrativo qui è diverso. Ad ogni modo, il pretesto per l’invasione aliena a suon di sfide retrogiocose ci può stare così come il riciclare alcune idee dal mito Ghostbusters. Lo sviluppo però vive di un’alternanza di momenti buoni ed altri proprio no, che qualcuno sicuramente imputerà al solito Sandler. Ma, ricordiamolo, Sandler non si è occupato della sceneggiatura, non direttamente almeno, e a dirla tutta i momenti meno riusciti non sono quelli che lo vedono protagonista, bensì quelli, banalmente inappropriati, incentrati sul Presidente Cooper aka Kevin James, e pure alcune battute, non tutte, del Dinklage di Game of Thrones, qui alle prese col ruolo del campione spocchioso e sleale in cerca di redenzione (e di un po’ di divertimento “spinto” con Serena Williams e Martha Stewart, quella sì una gag divertente). Sorvoliamo su alcune imprecisioni storiche di poco conto e pure sulla non-originalità del tema, anzi contiamole ma controbilanciamole con alcuni cammeo e citazioni di pregio. E poi torniamo alle sfide con gli alieni, fulcro del film: sono divertenti, ritmate e visivamente molto godibili. E per finire, pure l’onnipresente sotto-storia d’amore strappa qualche sorriso. A conti fatti, Sandler nel ruolo del fenomeno dei videogiochi prima sfigato poi celebrato va anche bene, non vincerà certo una statuetta ma la sufficienza la supera senza problemi. E con lui nel ruolo dell’eccentrico amico d’infanzia Ludlow, il buon Josh Gad, protagonista di alcuni momenti davvero esilaranti, e l’immancabile ruolo rosa assegnato a Michelle Monaghan, sempre un piacere.
Non so in 3D, ma visto nelle tradizionali due dimensioni l’obbligatorio uso della CG riesce molto bene nell’intento di rendere fisici, brillanti e dinamici quei vecchi sprite, nonché visivamente credibile e spettacolare la pixelation cubica che distrugge tutto ciò che tocca. Nel contesto di quello che deve raffigurare, il risultato è piuttosto spettacolare, sicuramente in grado di strappare qualche sorriso di meraviglia. In termini di regia, Columbus fa il suo discretamente, pur dovendo fare i conti con i succitati limiti del plot e nell’ottica di un film per famiglie. Ecco, questo è il punto della questione: Pixels non vuole certo essere il filmone per eletti, bensì una commedia per tutti, per i piccini sicuramente ma anche per i loro papà, quarantenni cresciuti a spendere monetine in fumosi bar di quartiere. Come operazione nostalgia funziona, come film per famiglie funziona. Ed io sono uscito dalla sala conscio di non aver visto un capolavoro ma comunque con un sorriso sulle labbra e l’animo leggero. Delivered, achieved. Nella mia personale classifica dei film a tema videoludico Ralph Spaccatutto resta una bella spanna sopra, ma, consentitemi il paragone, rivedrei mille volte ancora Pixels piuttosto che una solta volta il soporifero Frozen. Non me ne voglia l’Academy.
Unknown
Scritto da Unknown

2 commenti:

  1. Penso che tu abbia centrato perfettamente il punto caro Angelo. "Pregiudizio" è la parola chiave ultimamente. Se un autore, un attore, un'azienda ha fatto male una o più volte è destinato/a ad essere bollato/a a vita, a non scrollarsi più di dosso una certa aura negativa che porta buona parte dell'utenza a giudicare preventivamente con un'accezione negativa ogni sua opera. Bizzarra come cosa. Ne voglio scrivere nel mio prossimo articolo su queste pagine. Anzi, grazie per lo spunto..
    :-)

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    1. Curioso di leggere il tuo prossimo post allora! E magari vai a vedere il film, così poi mi dici se mi sono lasciato abbindolare io o davvero il metascore negativo ti sembra frutto di mero pregiudizio verso Sandler.

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